Il sughero, oltre ad essere un materiale estremamente affascinante, è ottimamente utilizzato in diverse situazioni.
Per le sue proprietà isolanti risulta essere il materiale ideale per i tappi delle bottiglie di vino, per l’isolamento termico in edilizia (sia in forma naturale che come agglomerato) e per la produzione di calzature.
Il sughero viene ricavato sostanzialmente dalla quercia da sughero (Quercus suber) ed è costituito da un tessuto meristematico di origine secondaria che sostituisce l’epidermide della pianta quando viene eliminata in seguito alla crescita della stessa.
Il sughero è un tessuto privo di spazi intercellulari, con cellule appiattite, allungate e disposte in più strati.
Le pareti cellulari sono sottili e suberificate per la presenza di lamelle di suberina, sostanza chimica impermeabilizzante che conferisce al sughero il suo caratteristico potere isolante.
La coltivazione della quercia da sughero e quindi la produzione del sughero è appannaggio dei paesi del Mediterraneo occidentale.
In particolare in Portogallo (800.000 ettari di coltivazione di quercia da sughero per una estrazione di 1.600.000 quintali l’anno di sughero); in Spagna (500.000 ettari per 700.000 quintali); in Algeria (400.000 ettari per 200.000 quintali); in Italia (100.000 ettari per 140.000 quintali – concentrati soprattutto in Sardegna); in Marocco (350.000 ettari per 200.000 quintali); in Francia (100.000 ettari per 120.000 quintali) e in Tunisia (100.000 ettari per 80.000 quintali).
Per quanto riguarda invece la lavorazione e la trasformazione del sughero, le maggiori industrie si trovano fondamentalmente in Portogallo (nelle regioni dell’Alentejo e dell’Algarve) e nel nord della Sardegna (distretto industriale di Tempio Pausania, nel cuore della Gallura).
La ricerca scientifica sulle sugherete e sulle applicazioni del sughero è fondamentalmente concentrata presso la Stazione Sperimentale del Sughero di Tempio Pausania (certificata FSC).
La separazione dello strato di sughero dal tronco della quercia è un’operazione che la moderna tecnologia non è ancora riuscita a meccanizzare, quindi si deve ricorrere ancora oggi agli antichi scorzini (particolari accette affilatissime) e all’esperienza degli scorzatori.
Dopo l’estrazione il sughero deve stagionare nei cortili degli opifici per almeno sei mesi e fino a un massimo di due anni: i tempi variano a seconda del clima della zona, della qualità e della provenienza del sughero e dalla produzione a cui è finalizzato.
Al termine della stagionatura si procede alla bollitura delle lastre di sughero ad una temperatura di circa 100°C, per circa un’ora in particolari vasche rivestite in rame o in acciaio inox.
E’ solo tramite la fase della bollitura che si può garantire la perfetta pulizia del sughero da qualsiasi residuo. Una volta asciutto il sughero è finalmente pronto per essere utilizzato per la produzione dei tipici prodotti da esso derivati (turaccioli, piastrelle, lastre di varie misure e spessori).
Rispondi