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Stop ai sacchetti di plastica

a cura di Bricoliamo.com Avatar photo

Esiste una normativa europea che fissa al 31 dicembre 2009 l’ultimo giorno di esistenza per i sacchetti di plastica comunente usati per la spesa.

In molti Paesi del mondo si è già provveduto: già nel 2003 furono il Sudafrica e Taiwan i primi Stati ad abolire i sacchetti di plastica, seguiti da Eritrea, Somalia e Uganda nel 2005, dalla Tanzania nel 2006, dal Kenia, dall’Uganda e dalla città di San Francisco (prima in U.S.A. – il provvedimento è stato poi esteso a tutto lo Stato della California) nel 2007, dalla Cina nel gennaio 2008 e dall’Australia meridionale nel maggio 2009. In sostanza da questo 2010 in gran parte del mondo spariranno i sacchetti di plastica.

Purtroppo in questa “gran parte” non è compresa l’Italia che, con il decreto Milleproroghe della scorsa Finanziaria ha rimandato il tutto al 2011.

Per fortuna nel nostro Paese esiste una coscienza civica che va al di là di quella governativa.

E’ così che alcune insegne della grande distribuzione, per esempio Unicoop Firenze, Auchan e nel nostro settore Leroy Merlin, hanno provveduto autonomamente alla messa al bando dei sacchetti di plastica.

Così come il comune di Torino che, in accordo con le Associazioni dei commercianti, ha deciso di vietare la distribuzione di sacchetti di plastica a partire dal 2 aprile 2010.

Eppure l’Italia, oltre ad essere un grosso produttore di sacchetti di plastica, circa 260 mila tonnellate all’anno, è anche il maggior consumatore europeo.

In Italia vengono distribuiti ogni mese circa 2 miliardi di sacchetti di plastica, 24 miliardi in un anno!

Quasi un quarto dell’intero consumo europeo stimato in 100 miliardi di sacchetti l’anno.

Pensate che per produrre quelle 260 mila tonnellate di sacchetti occorrono circa 450 mila tonnellate di petrolio, l’equivalente del consumo di 160 mila automobili che percorrono 30 mila chilometri in un anno.

Non solo.

Jared Blumenfeld, direttore del dipartimento del Medio Ambiente di San Francisco ha sottolineato un aspetto banale ma decisamente inquietante: per il riciclaggio di una tonnellata di borse di plastica si spendono 4.000 dollari, comprare la stessa quantità nuova costa soltanto 32 dollari.

Quindi i sacchetti di plastica costa produrli, costa smaltirli e, comunque vada, contribuiscono in maniera tanto importante quanto sciocca all’inquinamento del pianeta.

Solo una piccola percentuale di sacchetti di plastica viene effettivamente riciclata, c’’è che parla addirittura del solo 1%, il resto va in discarica, negli inceneritori, contribuendo all’inquinamento atmosferico, o, ancora peggio, viene immessa in natura provocando danni all’ambiente e agli animali spesso letali.

E’ dell’anno scorso lo studio condotto alla Nihon University a Chiba in Giappone, che per la prima volta associa le buste di plastica non solo al rischio di soffocamento per gli animali che le ingeriscono, ma anche alla possibilità concreta del lento rilascio di sostanze tossiche in mare.

La situazione e’ drammatica: le buste di plastica galleggianti negli oceani formano ormai vere e proprie “isole”.

Nel Pacifico e’ stato scoperto un agglomerato di plastica galleggiante in un’area grande il doppio dell’intera superficie del Texas.

Per suscitare un po’ di emozione sull’argomento vi proponiamo questo filmato pubblicitario dal titolo “Siamo tutti innocenti. Siamo tutti colpevoli” realizzato dall’agenzia Kepel y Mata per i supermarket Jumbo, Vea e Disco e destinato ai consumatori argentini delle tre insegne.

Non aggiungiamo altro se non l’esortazione a prendere coscienza, noi cittadini, di un problema enorme ma con una soluzione semplicissima: ritorniamo a dotarci della borsa per la spesa o, ancora più comodo, del carrellino con le ruote (oggi ne esistono di bellissimi).

E quando andiamo al supermercato in macchina mettiamo nel baule una bella scatola di cartone, ci consentirà di uscire con il carrello pieno di spesa ma senza borse di plastica, in più scaricare la o le scatole sarà molto più comodo che non “tagliarsi” le dita con le borse di plastica.

Febbraio 2010

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