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Il Florum 2008 (31 maggio/1 giugno – San Marino), convegno internazionale sul florovivaismo si è concluso con un grido d’allarme: il mercato del florovivaismo italiano sta attraversando momenti difficili, occorre fare qualcosa, occorre tornare a parlare di associazionismo, occorre puntare sulla qualità, valore tipico della produzione italiana, occorre pensare ad un serio programma di promozione del prodotto, in particolare di quello italiano.

Problemi che riguardano i produttori ma anche la distribuzione, soprattutto quella tradizionale che in questi ultimi anni ha dovuto subire l’attacco della grande distribuzione, sia alimentare che specializzata, che ha dimostrato un deciso orientamento verso la commercializzazione di fiori e piante.

Gli interventi che si sono susseguiti durante il convegno, cooordinati da Arturo Croci e Valter Pironi hanno evidenziato le preoccupazioni del momento individuando, più che soluzioni, alcune strade da seguire.

Tre problematiche chiave

Vincenzo Ciccolella, presidente del Gruppo Ciccolella e del Conaflor, è stato il primo ad evidenziare tre problematiche fondamentali che, a suo parere, sono alla base del momento di difficoltà delle aziende florovivaistiche italiane.

La prima è individuabile nel costo dell’energia, che incide per il 30% sui costi di produzione.

Un costo insostenibile – ha sottolineato Ciccolellache deve essere affrontato spostando l’attenzione dall’energia tradizionale alle fonti termiche e al teleriscaldamento. Una strada certamente non semplice perché le lobby del settore energetico sono molto forti e importanti. Tuttavia è una strada da seguire per garantire un futuro al settore“.

La seconda problematica riguarda la logistica e in questo senso Vincenzo Ciccolella ha riportato l’esperienza diretta della propria azienda che, oltre a produrre e a distribuire il prodotto direttamente sul territorio italiano, ha anche una società di trading in Olanda per la distribuzione internazionale.

L’anomalia nasce dal fatto che alcuni clienti italiani preferiscono alla distribuzione diretta quella della società di trading olandese.

Un sintomo questo che evidenzia come in Italia – ha spiegato Ciccolellanon siamo in un sistema normalizzato, con i conseguenti problemi di efficienza e di puntualità nelle consegne. Ma non solo è anche importante il fatto che acquistare dall’estero significa non anticipare l’IVA, la quale, con i rimborsi che si fanno aspettare due o tre anni In Italia ormai è da considerare un costo.”

Il terzo aspetto sottolineato riguarda le innovazioni immateriali, cioè quelle riguardanti i processi decisionali, la valorizzazione delle risorse umane, i processi di internazionalizzazione: tutti elementi, secondo Ciccolella, trascurati dai manager italiani e invece di fondamentale importanza per arrivare alla soluzione di tutti i problemi del settore.

La difficoltà della competizione internazionale è stata invece evidenziata dall’intervento di Doeke Faber, presidente della AIPH (Association  Internationale des Producteurs de l’Horticulture) e della VBN (Associazione delle Aste olandesi) che ha sottolineato come le nuove produzioni provenienti da Africa, India, Malesia. America Latina e Cina stiano creando un significativo aumento della produzione totale.

In più le produzioni di questi Paesi sono principalmente orientate verso il mercato europeo, creando notevoli difficoltà alle aziende locali che, gravate dagli alti costi dell’energia e delle maestranze, spesso non riescono a far fronte ad una competizione molto dura.

La strada indicata per affrontare questo attacco mercantile è quella della qualità. Interessante l’annotazione di Faber sull’affiancamento del concetto di qualità del prodotto a quello di qualità della vita:

con i nostri prodotti e con la scelta della qualità possiamo dare un contributo al benessere e alla salute dei consumatori.”

Un fronte interessante verso cui impostare la comunicazione dei prossimi anni, facendo pressione anche sulle amministrazioni pubbliche in modo che si aprano investimenti anche sul verde e non solo sul cemento (forse Doeke Faber stava pensando all’Expo 2015 conquistato da Milano. Non ne siamo certi, ma a noi è venuto in mente – n.d.r.).

Estremamente articolato e molto interessante è stato poi l’intervento di Chanochi Zacks, direttore generale della Danziger Flowers Farm di Israele, che ha evidenziato e sviluppato concettualmente 4 grandi temi.

Riportiamo delle rapide sintesi su ciascun concetto espresso da Chanochi Zacks.

Globalizzazione nel verde

Il mondo è ormai un piccolo villaggio. Un manager che dal suo ufficio di Manhatan vuole prenotare una camera allo Sheraton della 51° strada, sempre a Manhatan, quindi a poche centinaia di metri, parla con il call center di Bangalore in India.

Oggi con l’euro forte e il dollaro debole è più facile che un turista italiano scelga una vacanza negli Stati Uniti piuttosto che in Europa.

Due considerazioni che valgono anche per i mercati.

I fiori dell’Ecuador che prima venivano esportati negli Stati Uniti, oggi arrivano in Europa, proprio perché l’euro è favorevole.

Allo stesso modo l’Asta olandese dei fiori che un tempo era il centro del mercato mondiale oggi deve subire le insidie delle Aste di Dubai, della Malesia e dell’Indonesia. In sostanza in un mercato globale il mercato dei fiori si sposta sulla base degli andamenti valutari.

Sincronizzazione

E’ la conseguenza logica della globalizzazione: oggi chiunque può parlare con chiunque.

Tutti effettuano acquisti on line e con la rete puoi avere la disponibilità del prodotto minuto per minuto.

Sfruttare al meglio le potenzialità della rete e delle nuove tecnologie significa essere sincronizzati con il mondo, in caso contrario si è relegati ai margini.

Instant Gardening

Il “giardino istantaneo” è una tendenza culturale. Prima il consumatore era disposto ad aspettare la naturale crescita della pianta nel proprio giardino, oggi non più, vuole da subito l’albero importante per una sua gratificazione personale e per il suo posizionamento sociale nel quartiere o nel paese in cui vive.

In questo contesto di velocità la grande distribuzione sta avendo il sopravvento sulla distribuzione tradizionale specializzata.

Negli Stati Uniti il 75% delle piante vendute passa attraverso la grande distribuzione e il 50% è appannaggio di tre insegne: Lowe’s, Wall Mart e Home Depot.

Per quanto riguarda i fiori questo fenomeno non sta ancora avvenendo, ma inevitabilmente accadrà.

E’ evidente che questa straordinaria crescita della grande distribuzione ha portato a un grande aumento del potere contrattuale della stessa nei confronti dei suoi fornitori: in sostanza sono loro a stabilire i prezzi.

Una tendenza che porta alla affannosa ricerca del prezzo basso con conseguenze negative per tutta la filiera, secondo me anche per il consumatore.

In Italia bisognerà fare in modo di cambiare questa mentalità.

Confusione

E’ la conseguenza dell’aumentato potere della grande distribuzione. Oggi  c’è una grande confusione nel capire chi sia il cliente e chi il fornitore.

E’ il coltivatore che vende il proprio prodotto alla distribuzione, oppure è l’insegna distributiva che vende metri quadrati al coltivatore per esporre il proprio prodotto?

Oggi non è semplice rispondere a questa domanda, però farlo è fondamentale perché, da che mondo e mondo, è chi vende che deve fare il prezzo non chi acquista.

L’intervento successivo, quello di Charles Lansdorp, responsabile Italia dell’Ufficio Olandese dei Fiori, pur ribadendo i problemi già evidenziati per il mercato italiano ed europeo del florovivaismo, ha sottolineato l’importante esperienza della Festa dei Nonni, un evento che si è trasformato in un momento di promozione straordinario.

Voluta da Franco Locatelli (punto di riferimento del florovivaismo nazionale ed europeo, recentemente scomparso e a cui è stato dedicato il Florum 2008 – n.d.r.) e nata 10 anni fa grazie ad un accordo tra Unaflor e l’Ufficio Olandese dei fiori, la Festa dei Nonni oggi è conosciuta da oltre il 70% degli italiani ed è stata presa ad esempio e organizzata anche in altri Paesi europei.

Certamente un esempio per capire come la comunicazione sia importante per sostenere il mercato, la sua immagine e i consumi.

Sono seguiti gli interventi di Mario Margheriti, titolare dell’azienda del Gruppo Torsanlorenzo; Paolo Zacchera, titolare della Compagnia del Lago (Premio Rizzi 2008); Lucio Pisapia, titolare delle aziende Pisapia e Antonio Pagano, titolare della FlorPagano.

Tutti hanno sottolineato il momento difficile del florovivaismo italiano, un futuro fatto di competitività molto accesa e la necessità di affrontare i problemi legati al consumo energetico e alla logistica.

Walter Incerpi, direttore della Cooperativa Flora Toscana ed Enrico Delucchi, direttore della Cooperativa Flormercati hanno riportato all’attenzione il tema dell’internazionalizzazione che li ha visti protagonisti, insieme alla FlorCoop di Sanremo e la Cooperativa Ortofrutticola di Alberga, della società Viridarium Hungary Kft.

Una società nata per consentire ai produttori italiani di meglio gestire i mercati dell’est europeo.

Una vera e propria piattaforma distributiva posta su un terreno di 16 mila metri quadrati, con un capannone, i cui lavori si sono appena conclusi, di circa 2.600 metri quadrati più altri 500 di serra.

Nel prossimo mese di luglio inizierà il “rodaggio” della struttura e in settembre si terrà l’inaugurazione.

L’elemento importante sottolineato da Enrico Delucchi è che si tratta di un’iniziativa nata e cresciuta grazie all’impegno sia professionale che economico delle quattro cooperative, senza il sostegno di nessuno.

Solo l’ICE ha previsto un contributo per la promozione.

Per dovere di cronaca dobbiamo sottolineare come Arturo Croci, prima di passare la parola a Giovanni Serra, docente della Scuola Superiore di Studi Universitari S. Anna di Pisa, abbia voluto regalare una delle sue battute velenose ricordando ai due direttori delle cooperative che oltre che per i Paesi dell’est sarebbe molto utile avere una piattaforma anche in Italia.

Ma veniamo al professor Serra che peraltro ha evidenziato una nota decisamente dolente: quella della ricerca e della mancata collaborazione tra il mondo produttivo e quello universitario.

Fate da voi – ha esordito mestamente Giovanni Serra -. In Texas la cattedra di floricoltura e pagata per il 50% dall’Università e per il 50% dai grandi produttori. In Italia esiste una cultura e una burocrazia che non consentono operazioni di questo genere. La formazione che volete voi produttori italiani non ha corrispondenza nella scuola italiana. L’unica soluzione potrebbe essere la costituzione di un vostro pool di aziende per chiedere formalmente e con forza formazione e ricerca.

Tra garden center e grande distribuzione

Interessante poi è stato l’intervento di Ugo Orlandelli, titolare del Gruppo Orlandelli e del garden La Valle dei Fiori, che portato l’esperienza del canale distributivo del garden center.

In particolare Orlandelli ha portato una decisa critica proprio ai garden center italiani, spesso dotati di un livello di professionalità troppo basso.

Per gestire un garden center con successo – ha esordito Ugo Orlandellibisogna saper comprare, saper vendere e saper riconoscere i propri errori trasformandoli in momenti di crescita consapevole. Io stesso, con il mio garden center, ho rincorso, una decina di anni fa, il mercato della decorazione e fu un errore. Un garden center deve essere espressione della voglia di verde e della sensibilità della gente verso i fiori, le piante e la loro cura. Aghi, cuscini, candele e mobili sono fuorvianti, creano confusione senza portare quei risultati di fatturato che ci si auspicherebbe. Riconosciuto l’errore noi siamo ritornati a dare nel nostro garden center il ruolo da protagonista al verde vivo e oggi, in un momento di crisi e di contrazione dei consumi, siamo cresciuti in maniera importante.

Orlandelli ha inoltre sottolineato che la concorrenza della grande distribuzione la si può battere studiando quelle che sono le sue dinamiche e caratteristiche e adottando contromisure mirate su ogni merceologia e ogni operazione commerciale.

Fatto questo il divario di offerta, in termini di ampiezza e di profondità di gamma, dei garden center rispetto alla grande distribuzione è la migliore garanzia per poter competere nella soddisfazione delle esigenze e dei desideri dei consumatori. “In particolare i desideri – ha concluso Ugo Orlandelli perché il fiore o la pianta non sono prodotti che si vendono a peso o al metro, ma a sensazione. Noi vendiamo un sogno, la grande distribuzione vende un prodotto.

Il concetto del sogno, vincolato alla qualità della propria proposta commerciale è poi stato ripreso da Chicco Pastorino, docente della Scuola Pianeta Fiore e responsabile artistico di Euroflora per la Fiera di Genova, che nella sua qualità di vero e proprio artista della composizione floreale non poteva che focalizzare l’attenzione sull’impegno che si deve avere per tutti i consumatori che amano questo prodotto e non semplicemente lo “consumano“.

Certamente una nicchia, ma una nicchia di grande valore. Le tematiche di mercato e della difficoltà del momento sono poi state nuovamente sottolineate negli interventi di Claudio Bagnoli, direttore dell’ANCEF (Associazione Nazionale Commercianti Esportatori di Fiori e Piante) e Jaap Kraas, editore di una delle riviste più autorevoli del mondo, Floraculture International e consulente di Hortymark-Olanda.

Ha chiuso infine i lavori Franco Cereda, amministratore dell’azienda Cereda e presidente di Angroflora (Associazione Nazionale Grossisti Fiori e Piante).

Una conclusione molto precisa che ha raccolto tutte le istanze del convegno evidenziandone vizi e virtù.

Al di là dei motivi strutturali legati alle risorse energetiche, alla logistica e quant’altro – ha spiegato Franco Ceredail motivo vero della crisi che il florovivaismo è uno solo: 10 anni fa il consumo pro capite in Italia di fiori recisi era di 130.000 lire, oggi è di 40 euro“.

Inoltre Franco Cereda ha voluto spostare in maniera interessante il problema della ricerca della qualità verso la ricerca della professionalità, motore indispensabile per competere in un mercato comunque difficile.

Oggi – ha detto Franco Ceredala distribuzione non parla o parla troppo poco con la produzione. Il commerciante non sa: non conosce il prodotto, non conosce le varietà, non sa quali sono le problematiche produttive e di conseguenza il valore vero di ciò che sta vendendo. Lo sviluppo si percorre con la cultura e noi dobbiamo lavorare su questo fronte.

Il problema di una distribuzione inefficiente non sembrerebbe addebitabile solo a una questione di cultura, anche se siamo certi che sia un aspetto fondamentale, infatti Cereda ha anche sottolineato la diversa postura dei fioristi di un tempo rispetto a quelli di oggi.

Un tempo si andava al mercato ad acquistare i fiori, oggi non più perché andare al mercato significa alzarsi dal letto all’alba.

A Milano, esemplifica Franco Cereda, ormai più del 50% dei posteggi sono di proprietà di lavoratori extracomunitari (percentuale che crescerà ulteriormente nei prossimi anni), i quali invece vanno al mercato riuscendo così a proporsi al pubblico con ottimi prezzi.

La conclusione di questo intervento è ovviamente preoccupante perché, sommando i fattori si ha un risultato certamente negativo: la scarsa cultura sul prodotto, la professionalità di basso livello e la mancanza di voglia nell’impegno quotidiano portano inevitabilmente a una staticità e a un’inefficienza che non possono che ripercuotersi sui consumi aggravando così la crisi dell’intero comparto.

Nella foto: Da sinistra, Valter Pironi, Arturo Croci e Mara Verbena alla presentazione del Convegno.

Giugno 2008

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