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Il caso Audisat e l’indagine dell’audience

a cura di Avatar photo

QUELLO CHE SEGUE È IL CAPITOLO 7 DEL LIBRO “TIME OUT: UN MOMENTO DI RIFLESSIONE SULLA TV SATELLITARE, INTERNET E IL DIGITALE TERRESTRE TRA TECNOLOGIA, POLITICA E CONTENUTI”, SCRITTO DA MAURO MILANI NEL 2005.

Anche la vicenda Audisat è una vicenda curiosa su cui vale la pena di spendere qualche riflessione. Vi racconto quello che ho avuto modo di seguire in qualità di giornalista interessato alla vicenda sin dai suoi primi vagiti.

Audisat, partorito da Numidia, società di content asset management (la stessa che edita Sailing Channel), nel 2002 è un marchio che sembra nascere per creare problemi, infatti, sin dalla sua prima uscita, a metà 2002, scatena le ire niente meno che del gruppo Volkswagen che aveva in cantiere un nuovo impianto Gps satellitare per le proprie berline di lusso a marchio Audi, denominato, guarda caso “Audisat”.

Il colosso automobilistico si rivolge al Wipo (World Intettectual Property Organization) di Ginevra per chiedere la cancellazione del marchio Audisat, soprattutto dal web, dove nel frattempo Numidia, aveva ovviamente messo in linea il sito audisat.com.

Niente da fare. Il Wipo delibera che tutto è regolare e che Audisat, in quanto marchio dell’indagine sull’audience satellitare, ha ragione di esistere a tutti gli effetti e in tutte le forme. Due sono le considerazioni di base che portano a questa sentenza: la prima riguarda l’evidente ripresa di Audisat del prefisso “audi” in quanto voce verbale del verbo latino audere (ascoltare), prefisso già ampiamente usato da molte altre ricerche (Auditel, Audipress, Audiradio, ecc.); la seconda riguarda invece la data di registrazione del marchio Audisat che risale alla metà degli anni ’90 ad opera di Massimo Mazzanti, uno dei fondatori di Numidia (alla quale ha ceduto il marchio Audisat) e manager più volte definito dalla stampa tecnica di settore come il guru italiano del satellite.

Si sa, tra le capacità dei guru esiste anche la veggenza. Comunque al di là di questo aneddoto, che comunque i manager di Numidia avrebbero fatto bene ad interpretare come un chiaro segnale del destino, Audisat si mostra a giornalisti e operatori per la prima volta nell’estate del 2002 pubblicando, in luglio, un rapporto sulla “Televisione digitale satellitare in chiaro in Italia“.

Tale rapporto, stampato su carta Audisat e recante i marchi Numidia ed Eutelsat, è aperto da una pagina introduttiva che esprime le ambizioni di Audisat: “La capacità di attrarre investimenti da parte dei media classici e soprattutto dei new-media è fortemente correlata all’esistenza di ricerche che dimostrino quantitativamente e qualitativamente l’esposizione del pubblico al mezzo“.

Una frase di apertura che non sarà stata gradita da tutti, penso in particolare alle società, come Eurisko (a quel tempo pubblicava la ricerca “Le nuove TV” poi diventata Audistar), che già indagavano la televisione satellitare; tuttavia mi sembra una frase che disegna un’esigenza manifesta del mercato e soprattutto degli investitori.

Continua. “Audisat si propone di portare un significativo contributo alle conoscenze dei valori e delle caratteristiche proprie del mondo delle televisioni satellitari. Intende inoltre offrire un servizio di rilevazione dei dati di ascolto e di consumo che garantisca maggiore rappresentatività in termini quantitativi e qualitativi grazie ad una maggiore affidabilità dei mezzi impiegati e alla metodologia di composizione del campione e del meccanismo di rilevazione dei dati“.

Anche in questo caso l’uso, ma forse in termini di impostazione comunicazionale delle relazioni sarebbe più corretto definirlo abuso, dell’aggettivo “maggiore” avrà creato qualche mal di pancia.

Ma non è finita. “Guardando al futuro, il fuoco sarà sempre più mirato sulle tecnologie che potranno certificare gli ascolti e i consumi attraverso i segnali di ritorno di ogni decoder“.

Una frase da “decodificare”, però questi segnali di ritorno di ogni decoder mi ricordano i meter usati da Auditel per la certificazione degli ascolti della televisione terrestre, una tecnologia di cui Auditel è molto gelosa.

Insomma, quella che si può definire una partenza col botto. Eppure, il mercato risulta sensibile e la stampa da grande rilevanza alla notizia, non solo la stampa tecnica ma anche molti quotidiani riprendono i contenuti del rapporto.

Il fermento intorno ad Audisat cresce immediatamente, probabilmente anche perché presidente designato della società, che sarebbe sorta alla fine del 2002 (al momento Audisat continuava ad essere solo un marchio di Numidia), era Piero Zucchelli, uomo di grande valore professionale e con un grande ascendente e prestigio conquistato in decenni di lavoro nei consigli di amministrazione di Auditel, Audiradio e Sipra (da molti manager del settore è considerato come il “padre dell’Auditel”).

Subito dopo le vacanze estive è evidente che Audisat inizia a tessere una tela di rapporti e relazioni, tant’è che in occasione di Sat Expo 2002 (la manifestazione fieristica vicentina più importante del settore), Numidia organizza un convegno sul tema “La migrazione degli ascolti verso la TV digitale“, durante il quale presenta una serie di dati e di elaborazioni sul mercato, sul target di riferimento, sugli ascolti globali e sulle singole audiences delle emittenti satellitari in chiaro.

Dati preziosi, anche questa volta ripresi con grande entusiasmo dalla stampa tecnica e quotidiana e apprezzati dagli investitori, ma quello che mi interessa rilevare è la presenza sul palco dei relatori di Remo Lucchi, amministratore delegato di Eurisko.

Era evidente che stava prendendo vita una connessione tra Audisat ed Eurisko. Nei corridoi molti colleghi giornalisti dimostravano con grande certezza che Eurisko sarebbe entrata a far parte della società a marchio Audisat, nascente da lì a qualche mese.

Tutte “certezze” che però nessuno pubblicò sul proprio giornale, ma che, questa volta trovarono in qualche modo conferma in un successivo appuntamento, circa un mese dopo il convegno, quando al Palazzo delle Stelline di Milano, Eurisko e Audisat si presentarono insieme annunciando la decisone di sfruttare al meglio tutte le sinergie sul fronte della comunicazione satellitare e accorpando le ricerche di ciascuna in un’unica ricerca denominata “Le nuove TV-Audisat“.

Non fu detto in quella occasione che Eurisko sarebbe entrata a far parte dell’ormai imminente società a marchio Audisat (come sempre più intensamente vociferavano i giornalisti del settore), però venne presentato, alla platea composta da operatori, investitori e istituzioni, il piano commerciale di lancio di “Le nuove TV-Audisat”.

In sostanza è stato chiesto alla qualificata e selezionata platea di mettere mano al portafoglio. Mi era sembrato un segnale molto chiaro: Audisat stava diventando una realtà di riferimento per l’analisi del mercato della televisione satellitare. Ma tempo un mese e bisogna registrare il primo colpo di scena.

Nel dicembre 2002 nasce Audisat srl ma Eurisko non è nella compagine societaria. Non ci furono ne dichiarazioni e nemmeno comunicati stampa: sta di fatto che Eurisko sparisce improvvisamente dagli orizzonti di Audisat e della ricerca “Le nuove TV-Audisat” non si parla più.

“Le nuove TV” di Eurisko diventa Audistar (quasi l’anagramma di Audisat) e Audisat prosegue per la sua strada che, dopo i fasti iniziali comincia ad apparire piuttosto tortuosa.

La sensibilità e la disponibilità manifestate nei primi mesi di Audisat da parte di editori e investitori a sostenere la ricerca sembrano gradatamente raggelarsi. Per i primi sei mesi del 2003 tutto tace, tutti tacciono.

I manager di Audisat raccolgono sostegni ma non sufficienti a far decollare la ricerca e farla così diventare continuativa. Nell’autunno 2003 Audisat rilancia abbassando però il tiro: in novembre viene diramato un comunicato stampa che annuncia ufficialmente la partnership con TNS Abacus, altro gigante mondiale della ricerca, e la nascita dell'”Osservatorio sul Digitale Terrestre“.

Compito dell’Osservatorio, si legge nel comunicato stampa, “è la realizzazione di un’indagine sulla qualità del consumo televisivo satellitare” e ancora “la ricerca si propone di chiarire le motivazioni tangibili (razionali, funzionali) e quelle non tangibili (status, emozionali, ecc.) che spingono a preferire un’emittente rispetto ad altre che trattano le stesse tematiche e l’immagine e il posizionamento della singola emittente nel settore tematico di riferimento. Questo al fine di rilevare il gradimento complessivo della programmazione e del palinsesto della singola emittente, gli specifici punti di forza/debolezza e le aspettative rispetto al posizionamento, alla programmazione, al palinsesto.

In sostanza Audisat abbandona l’ambizione di svolgere una ricerca quantitativa sulle audiences e sposta le sue attenzione sulla qualità degli ascolti. Un ridimensionamento che non basta. Anche in questo caso Audisat non riesce più a coagulare un concreto livello di interesse intorno ai suoi progetti e così, poco poco, piano piano sparisce dal grande palcoscenico delle indagini sulla televisione proseguendo la sua attività con progetti, peraltro estremamente interessanti, orientati alla sperimentazione e alla ricerca socio-psico-filosofica legata ai contenuti e allo sviluppo futuro del digitale terrestre.

Le domande più indiscrete rispetto alla storia di Audisat rimangono senza risposte: perché Eurisko è scomparsa dalla scena? Perché Sky Italia ha preferito entrare in Auditel piuttosto che sostenere una ricerca specifica su cui avrebbe potuto esercitare un peso indubbiamente importante? Perché i grandi investitori, pur considerando la TV satellitare un media marginale, hanno rinunciato a conoscerla meglio?

Forse per pigrizia, il decollo di Audisat avrebbe costretto a prendere in considerazione il nuovo media e a sviluppare strategie e creatività specifiche. Forse perché da fastidio a qualcuno togliere 150 milioni di euro dagli incassi della TV terrestre e generalista a favore del satellite (la cifra corrisponde al disavanzo esistente tra il valore degli ascolti satellitari e gli effettivi introiti). Forse perché la TV satellitare in Italia è e deve essere un solo marchio, Sky per non fare nomi, e quindi rilevare anche la sola esistenza di altre realtà editoriali da ancora una volta fastidio. Forse. Un solo dato possiamo prendere come inconfutabile: Audisat era fastidiosa.

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