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QUELLO CHE SEGUE È IL CAPITOLO 24 DEL LIBRO “TIME OUT: UN MOMENTO DI RIFLESSIONE SULLA TV SATELLITARE, INTERNET E IL DIGITALE TERRESTRE TRA TECNOLOGIA, POLITICA E CONTENUTI”, SCRITTO DA MAURO MILANI NEL 2005.

Quando si parla di televisione si parla sempre di grande pubblico, anche quando si parla di pay Tv o di video on demand. Le uniche esperienze di comunicazione televisiva a favore degli operatori riguardano il mercato finanziario con 24Ore Tv, Bloomberg e Class Financial Network.

Eppure il mezzo televisivo, per immediatezza e immagine potrebbe essere molto importante per comunicare con un manager italiano che legge poco. Ma non solo. Considerando le potenzialità e la copertura del segnale satellitare sarebbe possibile per l’industria italiana raggiungere tutti quei target internazionali che normalmente si riescono a contattare solo durante le fiere specializzate o le missioni all’estero organizzate da ICE, Camere di Commercio e altre realtà istituzionali.

Il problema ancora una volta è la confusione che viene fatta tra mezzo e messaggio: tutti hanno in mente la televisione generalista con la sua offerta per il grande pubblico, ma questa offerta è il messaggio, la televisione è un mezzo e in quanto tale deve essere presa in considerazione quando risulta conveniente e funzionale al messaggio che si vuole veicolare e al target che si intende raggiungere, esattamente come si fa con la carta stampata (rivista indipendente o house organ che sia) oppure pianificando la propria presenza ad una manifestazione fieristica.

Il problema, è ovvio, è che non può certo essere un’azienda a realizzare un canale televisivo con un palinsesto tematico rivolto agli operatori tecnici ed economici. Dovrebbero essere i manager della comunicazione televisiva a pensare e a proporre qualcosa in questo senso, ma ciò non avviene. Non avviene nemmeno da quando lo sviluppo della tecnologia satellitare consente di pensare a canali tematici con costi accessibili e non ne sento parlare nemmeno oggi quando il digitale terrestre potrebbe consentire grandi aperture in tal senso.

Eppure ci sono mercati che potrebbero, anzi dovrebbero, sostenere un canale televisivo, sia in termini economici, che di contenuto. Pensiamo per esempio al mercato fieristico, un mercato che ha sempre una grande necessità di promozione sia in Italia che all’estero.

Qualsiasi manifestazione fieristica ha la necessità di promuoversi in due momenti ben distinti: la campagna acquisizione espositori e la campagna visitatori. Non solo, bisogna anche considerare che le fiere sono un momento di promozione importante di un mercato e di tutte le aziende che in esso operano, quindi avrebbero la possibilità, o forse il dovere, di sostenere con continuità l’informazione interna, lo sviluppo di una cultura di settore e la promozione del sistema Italia nel resto del mondo.

Con la tecnologia oggi a disposizione grazie ai sistemi di comunicazione satellitari tutto ciò sarebbe assolutamente possibile.

Anche dal punto di vista economico si fa una certa fatica a pensare che possano esistere problemi. Teniamo conto che per realizzare e mettere in onda un canale tematico satellitare ci si deve orientare verso un ordine di grandezza per quanto riguarda i costi di circa 3 milioni di euro all’anno tutto compreso (canale, redazione, strutture, personale, outsourcing, ecc.).

Naturalmente, come in tutte le cose, si può decidere di contenere i costi oppure di fare le cose in grande, queste sono scelte che non incidono sul ragionamento che vuole mettere in evidenza come il problema di un canale televisivo a favore del mercato fieristico non può essere un problema economico.

La dimostrazione è semplice, basta entrare nel sito dell’Aefi (Associazione Esposizioni e Fiere Italiane) per raccogliere qualche dato. Aefi rappresenta 39 Enti fieristici, che ospitano oltre 1.000 manifestazioni ogni anno delle quali 161 internazionali e 384 nazionali. Le aziende che partecipano a tali manifestazioni sono circa 200.000, gli operatori economici che le visitano sono 20 milioni provenienti da tutto il mondo. Infine, sempre dal sito Aefi impariamo che dall’incontro tra espositori e visitatori si sviluppano ogni anno affari per circa 60 miliardi di euro.

Alla luce di questi dati viene difficile pensare che il sistema fieristico italiano non possa meritare un canale televisivo satellitare che possa aiutare e agevolare la promozione delle manifestazioni fieristiche (ma anche delle associazioni imprenditoriali dei vari settori merceologici, fino ad arrivare alle singole aziende) in Italia, in Europa e nel mondo.

Attenzione, quello che ho voluto proporre riguardo al sistema fieristico è solo un esempio. Infatti se ci spostiamo dal sito di Aefi ed entriamo nei siti, sempre per esempio, di Federlegno-Arredo (Federazione Italiana delle Industrie del Legno, del Sughero, del Mobile e dell’Arredamento, con 2.200 aziende iscritte che sviluppano un fatturato di circa 37 miliardi di euro con 413.000 occupati), oppure di ANIE (Federazione Nazionale Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche, con 840 aziende associate, un fatturato di 53 miliardi di euro e 138.000 addetti) o ancora di ANIMA (Federazione delle Associazioni Nazionali della Industria Meccanica varia e Affine, con più di 1.000 aziende associate, un fatturato di 34 miliardi di euro e 187.000 occupati), è evidente che la mancanza di una comunicazione televisiva satellitare, organica e settoriale a favore dell’operatore nazionale e internazionale, non può essere di carattere economico.

Il problema vero riguarda il contenuto e la sua organizzazione. E’ evidente che non possono essere le Associazioni di categoria e nemmeno le fiere e neppure le singole aziende a far nascere spazi di comunicazione tematica satellitare, in modo da raggiungere e parlare agli operatori economici di tutto il mondo o quanto meno delle aree più interessanti del mondo (che ne dite della Cina? – n.d.r.). Non è il loro mestiere e giustamente e saggiamente si astengono.

Sarebbe però il mestiere dei manager della comunicazione televisiva progettare, proporre e organizzare un’offerta di comunicazione mirata, specifica e specializzata per far fronte alle esigenze di promozione internazionale del sistema industriale italiano. Ma tutto ciò non avviene perché i manager della comunicazione non hanno la minima preparazione e professionalità per affrontare le specifiche problematiche del trade, dell’operatore economico e delle direzioni tecniche. Non sanno come reperire i contenuti necessari e non sanno come organizzarli in palinsesti efficaci ed efficienti.

Certo, qui non parliamo di quiz o di calciatori, parliamo di produzione, di mercati, di prodotti, di Italian Style, di esportazione e di sistemi produttivi. Non sono temi noiosi, sono temi importanti che consentono di sostenere, di dare una mano all’industria italiana di sistema nelle sue necessità promozionali, ma consentono anche, se i contenuti vengono debitamente trattati e organizzati, di creare una cultura della produttività, che oggi sta sempre di più scomparendo. I nostri figli usano tutti i giorni le matite, ma non sanno come si fa ad introdurre la mina nel bastoncino di legno; tutti i giorni vedono l’insegnante scrivere sulla lavagna, ma non sanno cosa sia e da dove viene l’ardesia di cui è costituita; tutti i giorni mangiano una merendina, ma non hanno idea ne di come viene fabbricata, ne di come sia fatta la pianta del cacao.

Ad oggi non esiste alcuna esperienza del genere che io vi possa raccontare per dettagliare meglio il concetto.

Sul fatto invece che la televisione satellitare possa essere un mezzo efficace per il mondo del lavoro esiste un’esperienza che vale la pena di conoscere e di cui vi parlerò nel prossimo capitolo: si chiama KCommunication ed è un canale satellitare dedicato alla formazione professionale a distanza. Mi sono fatto raccontare la storia e le caratteristiche di questa interessante esperienza dal direttore editoriale del canale, Walter Gatti, un giornalista di primario valore e con un curriculum di tutto rispetto nei settori della cultura e dello spettacolo per i quali ha scritto e diretto testate sia di carta stampata, che televisive e internet. Già editore all’età di sei anni con “Il Gatti della Sera”, Walter Gatti ha poi consolidato la sua carriera giornalistica lavorando con Il Sabato, Panorama, King, Sette, Class e attualmente, grazie alla sua esperienza di direzione editoriale di KCommunication, è docente nella facoltà di Teorie della Comunicazione dell’Università di Firenze del corso di “Tecniche del linguaggio televisivo interattivo”.

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