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Informazione sul DIY in Italia

L’insegna Brico Io, di proprietà della società Marketing Trend, facente parte del Gruppo Coop Lombardia, con i suoi 193 milioni di euro di fatturato (presuntivo 2007), in crescita rispetto ai 168 milioni del 2006 e una rete di 80 punti di vendita su tutto il territorio nazionale è una delle realtà distributive più dinamiche e interessanti che abbiamo in Italia.

I punti di vendita Brico Io sono di metratura medio-piccola (1.200/2.000 mq) e sono di “prossimità” con un forte radicamento sul territorio in cui intervengono.

Nell’ambito degli 80 punti di vendita, oltre ai 19 diretti, un grande successo è da registrare nella formula del franchising.

Brico Io comprende sostanzialmente tre tipologie di punti di vendita in franchising: quelle che fanno capo a imprenditori singoli (21 negozi attivi), quelli che fanno capo al Gruppo Potenti (16 negozi) e quelli realizzati dalla società Nuovi Mercati, joimt venture tra Coop Lombardia e il Gruppo Potenti (24 negozi).

Recentemente, proprio per sottolineare la propria dimensione nazionale, Brico Io si è resa protagonista di una campagna pubblicitaria veramente originale e declinata in uno spot TV andato in onda sulla RAI e un filmato diffuso attraverso YouTube.

Di questo abbiamo già parlato in un articolo che troverete riportato nella Rotta di Navigazione (in fondo a questo articolo), quello che però ci incuriosiva è come a una catena distributiva di bricolage, un mercato abbastanza tradizionalista e poco innovativo nella comunicazione, fosse venuto in mente di rivolgersi ai giovani di Ninja Marketing per la realizzazione di uno spot di grande effetto ma in assoluta controtendenza rispetto alle tradizioni del settore.

E’ da questa curiosità che abbiamo iniziato l’intervista a Claudio Gola, presidente di Marketing Trend.

Ebbene, come vi è venuto in mente?

Devo dire che il tutto è partito da una riflessione piuttosto articolata che ci ha portato ad un punto di arrivo, con i ragazzi di Ninja Marketing, estremamente stimolante e divertente. Lo stimolo iniziale è venuto dalla nostra direzione commerciale che, considerando la nostra ormai importante copertura del territorio con 80 punti di vendita, avrebbe visto di buon grado una campagna di comunicazione nazionale. Un’esperienza nuova perché la distribuzione del bricolage, noi compresi, fino ad oggi si era sempre limitata a campagne pubblicitarie e promozionali locali. Comunque abbiamo raccolto la sfida. Il mezzo da utilizzare sapevamo che avrebbe dovuto essere la televisione, il problema era che cosa dire, quali contenuti dare ai 30 secondi del messaggio pubblicitario.

Un caso di marketing della comunicazione

Alla fine avete scelto di mettere al centro la nuova linea di elettroutensili Brikstein. Un marchio che indubbiamente è distribuito in esclusiva da Brico Io, però l’insegna della catena è risultata in secondo piano. O mi sbaglio?

Mi faccia concludere il raconto, la riflessione è articolata ma credo interessante.

Perbacco, la prego di continuare.

In primo luogo abbiamo dovuto fare i conti con due elementi di cui ormai siamo convinti perché scaturiscono in ogni nostra indagine di mercato. Il primo riguarda il fatto che il settore del bricolage non è particolarmente sensibile alla notorietà dell’insegna: tutto sommato il consumatore omogeneizza proposte ed insegne e sceglie chi offre il miglior mix di comodità e di sicurezza di trovare i prodotti che sta cercando per risolvere le proprie esigenze. Il secondo elemento riguarda il tanto decantato “prezzo basso“, che secondo noi e le nostre ricerche non è una discriminante. Non crediamo e non ci risulta che il consumatore di prodotti per il bricolage sia alla ricerca spasmodica del basso prezzo, tant’è che in Italia non esiste nessuna insegna che si distingue per una proposta di prezzo da hard discount. Quindi, tornando all’esame del contenuto del messaggio per la campagna abbiamo dovuto escludere di porre enfasi sia sull’insegna, sia sul prezzo che però sono i due ambiti tradizionalmente più percorsi dalla distribuzione (nella sua accezione più generale comprendendo anche quella alimentare) per catalizzare l’attenzione dei consumatori.

E quindi?

Nello stesso periodo abbiamo cambiato il nostro marchio in esclusiva per gli elettroutensili da Power Mechanic a Brikstein. Ecco quindi che abbiamo pensato di realizzare una comunicazione nazionale parlando di un prodotto venduto in esclusiva dall’insegna Brico Io. E’ evidente che il nostro intento non era certo quello di promuovere le vendite di Brikstein (per fare questo sarebbero occorsi gli investimenti che normalmente mettono in campo Bosch o Black & Decker), bensì quello di creare attenzione intorno al marchio Brico Io, per la prima volta presente su media televisivi nazionali con una campagna nazionale. Volevamo far parlare il mercato: i nostri affiliati, i concorrenti e i nostri fornitori e in questo intento devo dire che siamo riusciti perfettamente.

Bastano 50 lire per una campagna di successo


Probabilmente siete riusciti a catalizzare l’attenzione su Brico Io anche grazie all’originalità dello spot che abbiamo visto sulla RAI e del filmato tutt’ora presente su You Tube. Dettagli sullo spot e sul filmato i nostri lettori li possono trovare in un articolo già pubblicato e segnalato nella Rotta di Navigazione al termine di questa intervista. Da dove è partita l’idea di animare le vecchie 50 lire?

A onor del vero l’idea delle50 lire è venuta a me, notte tempo. L’emotività della lira non si è ancora spenta tra la gente e il vissuto e molto legato all’economicità. Inoltre l’uomo che picchia sull’incudine è in qualche modo un bricoleur primordiale che ben si adatta al concetto di “smettere di far fatica usando Brikstein“. Nel frattempo il nostro direttore commerciale aveva avuto modo di conoscere i ragazzi di Ninja Marketing. Ho esposto loro l’idea, è piaciuta e su quella hanno iniziato a lavorare per arrivare ai risultati che tutti possono vedere.

La scelta del fumetto e dell’uso di You Tube fa pensare ad una particolare attenzione verso il pubblico giovane. E’ così?

Non direi. Sicuramente volevamo fare qualcosa di rottura, orientandoci verso un tipo di creatività artistica e rifuggendo dalla volgarità. In questo senso, quando si parla di rottura inevitabilmente si usa un linguaggio e una modalità che possiamo definire giovane, però il nostro intento era un altro: quello di farci notare e far discutere di noi.

Obbiettivo raggiunto?

Direi proprio di si.

L’italiano è un consumatore difficile

Dopo aver parlato della campagna, di cui ancora mi complimento, non posso lasciarmi sfuggire l’occasione di parlare di mercato con il Presidente di Brico Io. Partiamo dal consumatore italiano, come lo classifica?

Il nostro consumatore è certamente diverso da quello europeo. Il nostro territorio, oltre a non consentire un’edilizia con sviluppo orizzontale fatta di villette, è una grande distrazione rispetto alla pratica del bricolage. In qualsiasi punto d’Italia in cui ci troviamo abbiamo la possibilità in massimo due ore di raggiungere il mare, la montagna, il lago o una delle nostre meravigliose città d’arte. Questi due elementi portano il mercato italiano del bricolage ad avere una massa di acquisti minore rispetto ai più avanzati mercati europei, il che significa che i punti di vendita devono orientarsi su bacini d’utenza più ampi e alcuni fattori come la vicinanza e la comodità risultano premianti rispetto ad altri.

La GDS però ha dato un significativo contributo alla diffusione della pratica del bricolage. Non crede sia intervenuta anche sulla crescita culturale della popolazione?

La grande distribuzione del nostro settore sicuramente ha contribuito alla razionalizzazione del mercato e, attraverso un’offerta mirata e ben composta, ha certamente creato domanda. Tuttavia la costante di base di cui parlavo prima è rimasta ferma negli anni. L’intervento della GDS è stato importante, ma non tanto da cambiare la situazione: siamo riusciti ad avvicinare con successo al bricolage il pubblico femminile, che ha portato all’apertura di nuovi ambiti merceologici (la decorazione, ma anche l’animaleria); siamo riusciti a razionalizzare l’offerta, che comunque è sempre esistita nella distribuzione tradizionale, creando punti di vendita adatti anche ai neofiti e ai meno avvezzi alla manualità, ma la strada è ancora lunga.

Il prezzo è solo un fattore. Forse il meno importante

Che cosa chiede il consumatore italiano di bricolage? Ascoltando il mercato sembrerebbe che ci sia una forte attenzione al prezzo. Le risulta?

Il prezzo è una delle componenti che il cliente prende in considerazione ma, come risulta anche da ricerche che abbiamo condotto presso i nostri clienti, non è quella variabile determinante nella decisione d’acquisto. Il consumatore quando entra in uno dei nostri punti di vendita non cerca dunque prioritariamente il prezzo, bensì cerca innanzitutto un valore. Per come è fatto il nostro cliente e, più in generale, l’utente di un centro bricolage, molto più importante del prezzo sono le variabili come la vicinanza del punto vendita, la comodità di accesso al punto di vendita, il fatto di trovare un parcheggio senza problemi e la possibilità di soddisfare le sue esigenze d’acquisto in un’unica soluzione dove trovare tutto quello che gli occorre per risolvere il suo problema. Se devo imbiancare la cucina e trovo tutto tranne i fogli di plastica da mettere per terra per proteggere le piastrelle è una seccatura. Questa può essere una discriminante nella scelta di un’insegna piuttosto che un’altra, non la differenza di prezzo che spesso si risolve in una questione di centesimi.

Però i buyer della grande distribuzione in sede di trattativa con i fornitori mi pare siano sempre molto attenti al fattore prezzo. Per i compratori di Brico Io non è così?

Non ho detto questo. Brico Io è inserito in un mercato e quindi si deve adeguare alle sue dinamiche. Anche noi andiamo ad acquistare sui mercati orientali, anche noi abbiamo un marchio nostro e anche noi poniamo la giusta attenzione al prezzo per non correre il rischio di essere fuori mercato. Tuttavia io non sono d’accordo con chi si limita a gestire un esercizio commerciale sulla base del concetto secondo cui “si vende bene quando si compra molto bene“. Io credo che il marketing sia il fattore chiave di successo: lo studio del mercato e l’ascolto del cliente sono due elementi fondamentali. Io devo sapere chi è il mio cliente, cosa vuole e in che modo lo vuole. Sulla base di queste informazioni posso andare a cercare il prodotto giusto per le sue esigenze. Un esempio: l’introduzione nei nostri punti di vendita del pet è premiante perché è una merceologia specialistica, porta ad un buon livello di fidelizzazione ed è orientato al pubblico femminile. Poi viene anche il prezzo, ma solo poi.

La massa critica d’acquisto e il confronto con i fornitori


Quindi l’acquisto in una catena di GDS è bene che sia guidato dalle politiche e dalle strategie di marketing piuttosto che da quelle commercialiDiciamo che spesso sento parlare tra gli operatori della grande distribuzione nella sua accezione generale, comprendendo quindi anche quella alimentare, di massa critica d’acquisto. Si dice che aumentando gli acquisti si avrebbero sempre più benefici. Secondo me questo postulato è sbagliato. Mi spiego: è evidente che i benefici che si possono ottenere dalla dimensione degli acquisti sono in funzione della marginalità implicita di un settore. Se un settore ha un potenziale di marginalità elevato perché ha dei costi fissi che visibilmente diminuiscono all’aumentare delle masse vendute, significa che avrà una capacità, un serbatoio di potenziale margine a cui attingere aumentando le vendite. Più semplicemente: esistono prodotti, come i telefoni cellulari, che alle aziende costano 100 per il progetto e 3 per i materiali, in questo caso è evidente che se acquisto forti quantità di prodotto l’azienda ha modo di ammortizzare il costo del progetto e quindi abbassa il prezzo. Se però devo acquistare del terriccio è evidente che non può essere così. Nel terriccio, così come per tanti altri prodotti, quella perdita del valore che troviamo nei cellulari non c’è e nel bricolage non sono pochi i prodotti che vanno compresi nella seconda categoria.

Con la crescita della GDS stanno cominciando ad emergere alcune tensioni con i fornitori. Crescono le esigenze e non sempre i fornitori sono in grado di far fronte. Che cosa pensa a tal proposito?

E’ vero che esiste la necessità che alcuni fornitori si evolvano. E’ vero che in taluni periodi dell’anno non sempre è semplice avere i prodotti con puntualità. Sono vere tutta una serie di appunti che vengono mossi ai produttori del settore, ma io voglio essere costruttivo e andare in controtendenza. Infatti credo che sia altrettanto vero che noi della grande distribuzione a volte comperiamo male perché non ci confrontiamo con il fornitore. Per lavorare meglio e risolvere i problemi bisogna impostare un tavolo di confronto e non di scontro.

Il futuro e le esternazioni del signr Caprotti

Alla luce di tutto quanto abbiamo detto, che cosa ci riserva il futuro?

Sicuramente cresceremo ancora. In Italia i punti di vendita della GDS sono in totale 6/700, se dovessimo raddoppiare questo numero saremmo comunque alla metà dei punti di vendita presenti in Francia (2.4670 nel 2006). Credo che solo questo dato possa dare la dimensione delle potenzialità di crescita del mercato italiano.

Chi occuperà questi spazi ancora a disposizione?

C’è ancora molto spazio sia per le grandi strutture di vendita come per quelle piccole e medie come le nostre. Io non vivo come concorrente il grande centro di bricolage da 6/7 mila metri quadrati perché ritengo che abbiamo due missioni diverse. Noi andiamo a un presidio capillare del territorio e diamo un servizio a quei bacini d’utenza che difficilmente potranno essere mai raggiunti dalle grandi strutture. Credo che la vera concorrenza le grandi strutture se la faranno tra di loro. Per quanto mi riguarda sto seguendo con interesse il dibattito intorno alla possibilità di aprire nel centro delle città, negozi ancora più piccoli dei nostri e ancora più di prossimità. E’ un’ipotesi affascinante ma che pone problemi di difficile soluzione, alludo al costo degli immobili nelle zone centrali e alle scelte relative all’assortimento. E’ possibile pensare a un negozio di bricolage senza il servizio di taglio legno? Oppure senza il tintometro? Difficile a dirsi, però è inevitabile che su una piccola metratura a qualcosa si deve rinunciare. Per quanto mi riguarda, al momento ascolto, guardo e valuto.

Essendo Marketing Trend una società del Gruppo Coop Lombardia, non posso chiudere questa intervista senza chiederle un’opinione sul recente attacco alla Coop portato dal patron di Esselunga, Bernardo Caprotti, nel suo libro “Falce e carrello”.

Credo di essere la persona meno indicata per rispondere a questa domanda, comunque quello che posso dire è che la cooperazione di consumo, che è nata molti anni prima di Esselunga, ha una missione sociale molto importante e che va difesa. E’ proprio questa missione sociale che in qualche modo giustifica le diverse condizioni che le cooperative hanno sotto il profilo fiscale e legislativo. I privati che dicono che le cooperative non pagano le tasse sono liberissimi tecnicamente di trasformare le loro spa in cooperative, risparmiando così sulle tasse. Ovviamente non lo fanno e non lo faranno mai perché a fronte delle nostre agevolazioni fiscali perderebbero tutti i diritti e i vantaggi derivanti dall’essere proprietari a tutti gli effetti della loro azienda. I miei figli si devono cercare un lavoro come tutti gli altri, il figlio di un’industriale invece ha la possibilità di entrare nell’azienda di famiglia scegliendosi esso stesso il ruolo.

Detto questo sono convinto che il mondo della cooperazione debba seriamente mettere mano dal suo interno a una serie di ristrutturazioni soprattutto sul fronte della governance. Occorre rivalutare e rivitalizzare la missione sociale che era all’origine di tutto il sistema cooperativo e che adesso si sta via via perdendo. Capisco che oggi si possa legittimamente vedere nella cooperazione uno strumento di potere per determinate forze politiche a scapito della missione sociale. In questo senso credo sarebbe importante fermarsi e riflettere sulle nostre origini. Certo che chiedere alla attuale classe dirigente di modificarsi è difficile, è un po’ come chiedere a uno che sta affondando nelle sabbie mobili di tirarsene fuori aggrappandosi ai propri capelli. Però ritengo che queste pressioni, rivolte direttamente al mondo cooperativo da Caprotti e al mondo politico da Beppe Grillo, stimoleranno la riflessione e mi auguro la saggezza di chi ha il potere di decidere. Per quanto mi riguarda credo che sarebbe importante fare tutti un passo indietro.

Ottobre 2007

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