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robot a manovella
a cura di livio paretti

I giovani non possono ricordarsene, sono cose da capelli bianchi, e chi è nato in città ha conosciuto i termosifoni. Diffuse nelle zone rurali, le stufe economiche furono l’evoluzione dei caminetti.

Le donne di casa le accendevano con la carta che i negozianti usavano per confezionare gli alimenti; il che voleva dire scartare pochi rifiuti.

Stufe accese da massaie abituate a scaldarsi le mani al calore dei caminetti accesi e all’acqua calda sempre pronta nelle pentole sul fuoco.

Le donne di casa montavano i bianchi d’uovo con le fruste, tagliavano gli ortaggi a mano e spremevano gli agrumi con la forza dei bicipiti. Finché arrivarono i robot da cucina. Una trovata geniale che ha soltanto poco più di cinquant’anni (Moulinex 1961, in Italia Bravo Simac 1977).

Da allora la tecnologia ha compiuto notevoli passi in avanti e i robot da cucina si sono evoluti. Oggi si propongono apparecchi assai performanti in grado di fare se non tutto, sicuramente molto.

Apparecchi quindi dotati di un forte contenuto positivo, di comodità e, soprattutto, di notevole risparmio di tempo. Apparecchi però, che insieme a tutti gli altri elettrodomestici, rappresentano ormai un problema ecologico, tanto da essere normati in maniera specifica in quanto Raee (Rifiuti Apparecchi Elettrici ed Elettronici).

Il robot da cucina sostenibile di Manuel Immler

Proprio per far fronte al problema rifiuti e in una logica di sostenibilità della produzione e del ciclo di vita del prodotto, Manuel Immler, giovane designer eco-sociale tedesco laureatosi a Bonn e specializzatosi poi alla Libera Università di Bolzano, ha progettato e realizzato un robot da cucina adottando logiche talmente tradizionali da apparire come rivoluzionarie.

Stiamo parlando di Pino un robot multifunzione a manovella: niente energia elettrica e tutti i componenti assolutamente ecologici e in buona parte biodegradabili e riutilizzabili.

La scocca di Pino è completamente realizzata in legno ed è facilmente sostituibile con una nuova, una volta logorata dall’usura o anche semplicemente dai nostri cambi di gusto estetico. La base, per garantire massima robustezza e durata, è in acciaio e le parti meccaniche interne sono in lamiera d’acciaio.

Per poter eseguire agevolmente tutte le operazioni richieste in cucina, il cuore di Pino è composto da una serie di ingranaggi che consentono di lavorare con tre diverse velocità che vanno da un minimo di 50 giri al minuto fino a un massimo di 1.000 giri al minuto. Un aspetto questo molto importante perché non dobbiamo mai dimenticare che l’energia che fa funzionare Pino è quella dei nostri bicipiti che spingono la manovella.

Chissà se Pino riscuoterà successo? Qui in redazione non rotolano sfere di cristallo, quello che però possiamo dire è che questo approccio eco sostenibile, che coniuga creatività e manualità ci piace molto.

Gennaio 2020

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