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Le risposte di OBI sulla vicenda “braccialetti”

a cura di Avatar photo

Nelle scorse settimane OBI Italia è stata oggetto dell’attenzione di molti quotidiani italiani per l’ormai famosa vicenda dei “braccialetti”.

Antefatto.

La polemica, come molti di voi avranno letto, nasce da un progetto, denominato “Calling System”, che consiste nel dotare gli addetti vendita di braccialetti cercapersone che emettono una vibrazione e un segnale ogni qual volta un cliente, bisognoso di assistenza, preme uno  dei pulsanti dedicati e dislocati in ogni reparto del negozio.

Un’idea, che avrebbe dovuto vedere la luce nello store di Piacenza (nella foto) ma che, invece, ha suscitato le ire della  UilTucs Toscana, che ha visto nell’utilizzo di questi braccialetti un’inutile fonte di stress per i lavoratori.

Il paragone ripreso dai quotidiani è stato immediato e i braccialetti di OBI sono stati immediatamente affiancati ai braccialetti dei carcerati.

Per fare chiarezza sulla vicenda ho contattato Elena Ottaviano, Head of Corporate PR & Communications di OBI AG.

In particolare volevo sapere se, dopo tutto questo clamore, il progetto si sarebbe comunque realizzato in Italia e se fossero già presenti applicazioni del “Calling System”, in qualche punto vendita di OBI Germania.

Questa la risposta di Elena Ottaviano che vi riporto integralmente:

“In qualità di responsabile delle relazioni esterne di OBI, vorrei innanzitutto chiarire che in questi giorni, OBI è stata bersaglio di una serie di attacchi ingiustificati da parte di una sigla sindacale toscana che ha dichiarato pubblicamente falsità in merito ad una sperimentazione ideata e mai attuata da OBI. Illazioni e falsità diramate alla stampa locale e nazionale provocando quindi in Italia un danno di immagine al nostro brand.

Il segretario generale di UilTucs Toscana ha infatti etichettato il progetto “Calling System” come un mezzo per il controllo dei lavoratori in violazione della legislazione vigente.

A seguito, quindi, di queste dichiarazioni prive di ogni fondamento, desidero chiarire in maniera definitiva l’intera vicenda in merito al “cercapersone Calling System” esperimento pensato per migliorare il servizio al cliente tramite uno strumento in dotazione ai dipendenti e peraltro già usato in molti altri ambienti di lavoro. Il progetto a cui si riferisce la sigla sindacale UilTucs Toscana non ha mai ipotizzato l’utilizzo di braccialetti elettronici nel senso indicato dal Codice di Procedura Penale art. 275-bis.

Vorrei inoltre sottolineare che l’intero progetto era stato discusso e pensato coinvolgendo le sigle sindacali R.S.A., R.S.L., Filcams CGIL, Fisasacat CISL che hanno convenuto che l’eventuale attuazione del progetto Calling System si svilupperebbe nel rispetto dell’art. 4 legge 20.5.1970 n. 300 (Statuto dei Lavoratori) e del D.lgs. 30 giugno 2003 n. 196 (Codice della Privacy).

La stessa Filcams CGIL ha (sito internet di CGIL Filcams)  “manifestato estremo stupore di fronte alla disinvoltura con sui sono stati espressi giudizi estemporanei su accordi sottoscritti in piena legittimità dai rappresentanti sindacali titolari per il punto vendita di Piacenza, senza aver verificato il contenuto dell’accordo stesso.” Filcams infine “sottolinea che non vi sarebbe nessuna lesione dei diritti individuali e collettivi e alcuna minaccia per la dignità e la salute dei lavoratori.”

Questa sperimentazione non è assolutamente in fase di attuazione e non è previsto alcun sviluppo sia nel punto vendita di Piacenza, sia nel resto dei negozi presenti in Italia.

Non comprendiamo, quindi, per quale motivo la sola UilTucs Toscana abbia voluto denunciare l’illegalità del progetto “Calling System” pensato per l’Emilia Romagna e discusso con sigle sindacali altrettanto legittime, quali quelle sopra descritte, fra l’altro rappresentative della maggioranza dei lavoratori coinvolti nel progetto.

Il progetto Calling System – conclude Elena Ottaviano -, come prima chiarito, è una semplice sperimentazione pensata per l’Italia e mai attuata in Germania o in altre nazioni in cui il nostro brand è presente”.

Infine, per completezza d’informazione, ho rivolto un’ultima domanda, circa la recente acquisizione delle quote di B.B.C. srl (cui fa capo l’insegna OBI Italia) detenute da Unicoop Firenze.

“Per quanto riguarda la vicenda di Unicoop Firenze, riportata dai quotidiani nazionali e locali – specifica Elena Ottaviano -, desidero chiarire che nulla è, fino ad ora, mutato e cambierà in futuro nelle strategie e nei programmi di OBI in Italia”.

Un doveroso ringraziamento a Elena Ottaviano per la chiarezza e la disponibilità.

Febbraio 2015

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