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È vero, non è stata una fiera grande e non c’è stato il tutto esaurito.

Ed è anche vero che l’offerta commerciale rappresentata non era completa, perché non includeva una serie di famiglie e fasce di prodotto di riferimento per il canale tradizionale del garden center e della moderna distribuzione.

Ma c’era entusiasmo.

Fermento.

C’era un clima positivo, un po’ quello dei vecchi tempi, quando il mercato tirava, i conti tornavano e le aziende non riuscivano a gestire gli ordini per la forte richiesta.

Certo, le dinamiche sono diverse e la situazione economica è nettamente cambiata, ma tra i corridoi di Myplant & Garden, tra gli espositori e i visitatori era tangibile la voglia di ripresa.

Tanti i commenti positivi da parte degli operatori del settore e interessanti le trattative commerciali che si sono concluse nei tre giorni della manifestazione milanse.

Una scommessa quella del Consorzio Mayplant & Garden, che ha riportato il florovivaismo nel capoluogo lombardo dopo gli anni del Miflor, ridando il giusto valore a una delle regioni forse più rappresentative per il settore garden in Italia.

E poi, gli esperti nell’ambito delle organizzazioni delle fiere, mi dicono che un nuovo prodotto fieristico si dice “riuscito” quando lo spazio coperto è di 8mila metri quadrati, qui erano circa 15mila

Quindi un risultato di tutto rispetto.

Anche da un punto di vista estetico i due padiglioni erano ben strutturati: uno fortemente orientato alla commercializzazione del prodotto (quello che ha funzionato meglio) e il secondo con aree espositive dedicate al fiore reciso, al concetto di vaso e contenitore e al complemento d’arredo.

Un buon inizio, ma c’è bisogno di qualcosa di più.

Insomma, nel complesso un’edizione riuscita e apprezzata, ma ora “bisogna tenere botta!”.

Se è vero che Myplant & Garden “vuole diventare la fiera internazionale del florovivaismo del bacino del Mediterraneo”, sarà bene pensare a questa manifestazione come un progetto inclusivo, aperto a tutti, che diventi veramente un contenitore rappresentativo dell’intera filiera.

Bisognerà ripensare le date (ma forse è troppo tardi) per invogliare anche altri espositori, a partire dal vivaismo, che è determinante per attirare quel pubblico internazionale in grado di fare la differenza.

Inoltre, questo bel progetto potrebbe diventare veramente il punto di sintesi del diverso e polverizzato associazionismo, spesso vittima dei protagonismi.

Certo, c’è tanto lavoro da fare, ma se non ci imponiamo di “fare sistema” non si andrà da nessuna parte.

Io a Myplant & Garden mi sono divertito, ho trovato nuovi stimoli e nuove storie da raccontare, ho visto novità e conosciuto imprenditori che hanno una grande speranza.

Che è un po’ quella di tutti noi.

E allora, mi auguro che Milano possa essere un nuovo punto di partenza.

L’articolo è stato pensato e scritto da Francesco Tozzi.

Marzo 2015

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