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Open source 4: il software libero nelle Istituzioni

a cura di Avatar photo

Sono sempre di più le istituzioni che stanno spostando i loro sistemi informatici verso una gestione opensource. Qualche esempio: il Parlamento brasiliano, il Parlamento francese, il comune di Monaco di Baviera, la provincia di Bolzano, le istituzioni piemontesi (Regione Piemonte, Provincia e Comune di Torino), i comuni di Firenze, Pistoia, Lodi, Pescara, Prato, Siena, l’Umbria è stata la prima regione italiana a dotarsi di una legge regionale che si propone di garantire al cittadino il “pluralismo informatico” tramite l’adozione di programmi “a sorgente aperto“.

Questi sono solo alcuni esempi ma il fenomeno dello spostamento delle istituzioni dal software proprietario a quello libero sembra ormai inarrestabile in tutto il mondo.

La domanda sorge spontanea: come mai proprio le istituzioni, che siamo abituati, non a torto, a considerare tremendamente arretrate sul terreno dell’innovazione, stanno sviluppando questa importante sensibilità verso il software libero?

Privacy e dati sensibili

Esistono più motivi per cui le istituzioni stanno preferendo il software libero a quello proprietario.

Molto importante è l’aspetto legato alla sicurezza e alla privacy nella circolazione dei dati e delle informazioni.

Più semplicemente: sappiamo che quando navighiamo in internet o usiamo la posta elettronica, recuperiamo informazioni e contemporaneamente le cediamo, quindi il nostro sistema operativo memorizza, tra gli altri, anche una serie di dati “sensibili“.

Questi dati sensibili possono essere per noi di poca importanza, per esempio quelli relativi ai siti che abbiamo visitato, oppure di grande importanza, per esempio le password di accesso a servizi che utilizziamo normalmente (per esempio: banca, ferrovia, accesso al pc, ecc.). L’ordine “salva la password per non ridigitarla” che diamo per comodità è in realtà un vero suicidio della nostra privacy.

E’ evidente che la tutela dei dati sensibili per un’istituzione è fondamentale a tutti i livelli: dal computer del Presidente della Regione, fino a quello dell’impiegato allo sportello che registra dati dei cittadini.

Ebbene, in questi casi risultano essere preferibili i sistemi open source perché, essendo aperti, danno la possibilità di sapere dove sono i dati sensibili memorizzati, di leggerli ed eventualmente di cancellarli.

Con i software proprietari questo non è possibile, anzi, ed è ancor peggio, è possibile solo all’azienda produttrice del software.

Possibilità di dialogo economico

Per la pubblica amministrazione contano però anche altri fattori: molto importante è quello che riguarda gli standard.

Come abbiamo avuto modo di sottolineare nell’articolo dedicato ai “formati“, i software proprietari generano dati e documenti in formati che non possono essere letti da programmi di produttori diversi, mentre gli open source si basano su formati standard, universalmente diffusi e stabili nel tempo.

La stabilità nel tempo è ovviamente un aspetto fondamentale per la conservazione di documenti pubblici che spesso deve essere garantita per molti anni, ma ancora più importante è la possibilità di salvare i documenti in un formato universale e multipiattaforma, apribile, leggibile e lavorabile da qualsiasi sistema operativo, anche diverso da quello che ha generato il documento.

E’ evidente che questa è una condizione indispensabile per poter dialogare e condividere dati tra amministrazioni diverse, che possono avere fatto scelte diverse per il loro sviluppo informatico.

Senza contare la necessità di facilitare il dialogo con gli interlocutori esterni, rappresentati da cittadini e imprese.

Risparmio economico

Ultimo aspetto da tenere in considerazione nella scelta di una pubblica amministrazione tra un sistema libero e uno proprietario è l’aspetto economico, anche perché le esperienze finora fatte dimostrano che non è assolutamente un dettaglio, anzi.

Considerando la natura gratuita del software libero fare degli esempi di risparmio economico sarebbe fin troppo semplice: prima dell’adozione dei sistemi open source gli uffici dell’amministrazione brasiliana spendevano 34 milioni di dollari all’anno in licenze; il Ministero delle Finanze finlandese ha stimato con il passaggio all’open source un risparmio di 26 milioni di euro all’anno; la provincia di Bolzano, per fare un caso italiano, risparmia 1 milione di euro all’anno dopo l’adozione dell’open source per l’informatica dei suoi uffici.

Vale però la pena di riportare l’esperienza fatta nelle 83 scuole di lingua italiana della provincia di Bolzano che, una volta passate dal software proprietario a un sistema open source, hanno potuto cancellare dal loro bilancio i 269 mila euro che prima erano costretti a spendere in licenze, sostituendoli con i 27 mila che attualmente spendano per il servizio di manutenzione del sistema open source.

Un risparmio quindi notevole ma che non si ferma all’interno delle scuole. Infatti, tutti gli alunni, prima, per poter studiare a casa utilizzando gli stessi strumenti informatici che erano abituati ad usare a scuola, dovevano o acquistare gli stessi software, con un carico di spesa non sottovalutabile, oppure a ricorrere alla pirateria copiando il software.

Atteggiamento quest’ultimo che una scuola pubblica non può certo promuovere avendo tra i propri obbiettivi quello di educare bambini e ragazzi alla legalità.

Con l’adozione del sistema open source questo problema è stato risolto. Il software, in quanto libero, è tranquillamente e legalmente duplicabile, così le scuole in questione hanno realizzato 20 mila dischetti contenenti i software usati dalle scuole e li hanno distribuiti gratuitamente a tutti gli alunni.

Costo dell’operazione: circa 5 mila euro, risparmio per le famiglie: notevolissimo.

Agosto 2007

Gli articoli della serie OPEN SOURCE sono stati scritti grazie alla preziosa e indispensabile collaborazione di FEDERICO CAMPOLI, esperto di tematiche opensource , consigliere del Prato Linux User Group e ideatore del progetto PostgreSQL Day 2007.

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