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La televisione satellitare tra politica e contenuti

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QUELLO CHE SEGUE E’ IL CAPITOLO 5 DEL LIBRO “TIME OUT: UN MOMENTO DI RIFLESSIONE SULLA TV SATELLITARE, INTERNETE E IL DIGITALE TERRESTRE TRA TECNOLOGIA, POLITICA E CONTENUTI”, SCRITTO DA MAURO MILANI NEL 2005.

Sia per quanto riguarda il satellite (ormai solo relativamente “nuovo”) che il digitale terrestre, l’aspetto squisitamente tecnologico è di secondaria importanza, infatti la novità portata dallo sviluppo tecnologico digitale riguarda sostanzialmente le problematiche di distribuzione del segnale e il miglioramento, importante, della qualità dello stesso, oltre alla possibilità di proporre contenuti interattivi.

Non incide quindi sulla sostanza delle caratteristiche del medium televisivo. In realtà per questi particolari ambiti (satellite e digitale terrestre) il problema vero è costituito dal forte contenuto politico dello sviluppo.

Non bisogna dimenticare che il mezzo televisivo in Italia assorbe, con 4.335 milioni di euro nel 2003, quasi il 50% del totale degli investimenti pubblicitari. Una torta straordinariamente ricca che, se divisa in poche fette, può garantire grande soddisfazione ai pochi commensali. L’unico pericolo sarebbe una bella indigestione, ma questo non appare come un problema per stomaci abituati e ormai ampiamente dilatati da un largo abuso.

D’altro canto il consumatore italiano di programmi televisivi non ha scelta. A fronte di un duopolio RAI-Mediaset, che sembrano sempre più gemelle siamesi invece che acerrime concorrenti, si delinea, proprio nell’offerta satellitare, un monopolio gestito da mister Murdoch e dalla sua Sky Italia. Non c’è possibilità di scampo per il consumatore e quindi non c’è necessità di investire in creatività, professionalità e ricerca per chi gestisce questo mercato, quella che conta è la capacità di sviluppare e gestire relazioni con il mondo politico, i centri di potere e i grandi investitori.

La logica è quella del “o mangi questa minestra o salti dalla finestra”, quindi per quanto riguarda la produzione televisiva purtroppo, e speriamo di poter dire per il momento, il problema della pigrizia intellettuale non si pone, perché non si pone il problema di una concorrenza basata sulla qualità dell’offerta.

Il problema è politico ed è legato agli assetti di potere nella gestione del mezzo e in questo senso le cose non si mettono per niente bene. E’ dell’estate 2004 l’annuncio che Sky Italia “cesserà di utilizzare il sistema di codifica SECA entro la fine del 2004. Il parco abbonati SECA – precisa la dirigenza di Sky Italiasarà progressivamente convertito al sistema di trasmissione NDS, dai primi di maggio 2004. In alcuni casi Sky darà agli abbonati una nuova smart card che funzionerà nei decoder SECA esistenti, ma a molti abbonati Sky consegnerà a casa e senza costi aggiuntivi, un decoder e una smart card NDS“.

Detto così l’annuncio sembrerebbe quasi un dettaglio di carattere tecnico per combattere, come dice la dirigenza Sky, la pirateria. In realtà il valore politico è di straordinaria importanza. Infatti, con questa dichiarazione, Sky Italia sostanzialmente abbandona il sistema SIMULCRIPT, rifiutandosi, contemporaneamente, di mettere a disposizione dei produttori di decoder e degli stessi consumatori il sistema NDS, di cui detiene l’esclusiva.

Per capire meglio che cosa significa tutto ciò bisogna fare un passo indietro: fino ai primi mesi del 2003 in Italia esistevano due offerte di pay tv via satellite, Telepiù e Stream. Telepiù era una società nata dai francesi di Canal Plus (98%) insieme alla RAI (2%), mentre Stream, nata da un’intesa del 1993 tra Telecom e Stet, si affaccia al business della televisione digitale satellitare nel 1998, con una compagine azionaria composta da Telecom Italia (35%), News Corp Europe (30%) di Murdoch, Cecchi Gori Group (18%) e SDS (12%).

Nel giugno 2000 le quote di Stream furono equamente suddivise tra Telecom e Sky Global Network (ex News Corp Europe) e un anno dopo la società di Murdoch acquisì parte del pacchetto azionario di Telecom diventando il socio di riferimento nella proprietà della piattaforma.

Infine, nel 2003, con l’acquisto da parte della Sky Global Network di Telepiù e la fusione con Stream è nato il sostanziale monopolio gestito oggi da Sky Italia (80,1% Murdoch e 19,9% Telecom), che ha assorbito e fatto sparire sia il marchio e l’offerta Telepiù che Stream.

Un’operazione peraltro autorizzata dalla Commissione Europea pur se con l’esplicita richiesta di rispettare alcune condizioni fondamentali, prima fra tutte quella di mantenere aperto il mercato televisivo satellitare. Un obbligo che non deve essere inteso solo come incentivo a consentire l’accesso alla piattaforma digitale ad altri potenziali fornitori di contenuti, ma che deve essere esteso a qualsiasi ambito operativo dove il monopolio Sky avrebbe potuto intervenire sugli assetti concorrenziali del mercato.

Tra questi uno dei più importanti è il mercato del decoder, apparecchio in grado di trasformare il segnale criptato proveniente dai satelliti in immagini televisive. In Italia Telepiù usava lo standard SECA I, poi sostituito con il più moderno SECA II, mentre Stream, dopo aver utilizzato la tecnologia Irdeto era passata al sistema NDS, sviluppato da una società collegata a Newscorp.

Naturalmente tale situazione fu ben presto insostenibile perché significava per i consumatori l’acquisto di diversi decoder per ciascuna tecnologia. Per riparare questa incongruenza intervenne la legge n. 78 del 29 marzo 1999 che impose “la fruibilità delle diverse offerte di programmi digitali con accesso condizionato e la ricezione dei programmi radiotelevisivi in chiaro mediante l’utilizzo di un unico apparato“.

Fu così che nel 2001 nacque la tecnica SIMULCRYPT e il celebre “decoder unico“, tramite il quale era possibile, con un solo apparecchio, accedere ai programmi trasmessi in SECA II (Telepiù) e in NDS (Stream) oltre ad un grande numero di canali satellitari in chiaro e quindi gratuiti.

Quindi l’Autorità garante stabilì che non dovevano essere i produttori di decoder a dover garantire che gli apparecchi fossero predisposti per ricevere ogni codifica (MULTICRIPT), bensì le emittenti a fare in modo che i programmi fossero visibili con qualunque tipo di decoder (SIMULCRIPT).

Tornando ora al 2004 e all’annuncio di Sky Italia di abbandonare il sistema SIMULCRIPT a favore delle proprie tecnologie NDS, risulta evidente l’intento di consolidare un regime di monopolio rigidissimo sia relativamente all’offerta di contenuti che a quella dei decoder.

Di qui le denunce di diverse associazioni dei consumatori, prima fra tutte Altroconsumo e Adiconsum, e della Jepssen, produttrice di decoder Common Interface che ha dichiarato: “Sky sta buttando fuori dal mercato i costruttori di decoder alternativi“.

Infatti Sky non ha ovviamente fornito ai costruttori concorrenti di decoder le specifiche necessarie per la costruzione di decoder NDS, il che significa che i consumatori già abbonati o che si abboneranno a Sky saranno costretti ad utilizzare solo e unicamente il decoder prodotto e proposto da Sky, peraltro gratuitamente.

Sul fronte dell’offerta dei canali televisivi e dei contenuti poi, la decisione di Sky allontana il mercato satellitare italiano dai concetti più elementari di democrazia, infatti una volta rimpiazzati i vecchi decoder con i nuovi decoder NDS non sarà più possibile decodificare tutti i canali satellitari stranieri che usano le tecnologie SECA e Irdeto e non NDS, per i quali occorrerebbe un ricevitore ad hoc, esattamente come accadeva prima della legge sul decoder unico tra Telepiù e Stream.

Per quanto riguarda invece i canali nazionali in chiaro, Sky ha la possibilità, a suo piacimento, di comprenderli o escluderli dalla piattaforma, sostanzialmente autorizzandone la vita o decretandone la morte.

Quello che accade è ben riassunto dalla e-mail di protesta (una delle tantissime che ho avuto modo di leggere navigando in vari siti, forum e newsgroup) mandata da Danilo L. a Digital-Sat.it il 10 settembre 2004: “I furboni di Sky mi hanno recapitato il loro “regalino”! Sono abbonato alla pay dal 98 e ho usato finora 2 GoldBox: uno in comodato, l’altro di proprietà, che tenevo fuori Roma. Con l’unica smart e con un solo abbonamento potevo vedere in santa pace film, cartoni e sport. I signori di Sky, dopo avermi spedito il pacco, a distanza di pochi giorni mi hanno disabilitato la smart card SECA e costretto ad attivare lo Skybox. Gli chiedo di acquistare un secondo decoder per proseguire secondo le mie abitudini ma scopro che non si può se non sottoscrivendo un ulteriore abbonamento. Ciliegina non vedo più i programmi sportivi Rai perché trasmessi in Seca2. Si può consentire tutto ciò? Diverso sarebbe, in termini di correttezza del rapporto con il cliente, se Sky avesse informato con precisione sulle conseguenze che comportava l’accettazione dello Skybox. Io, ignaro, pensavo che nulla sarebbe cambiato e che ci sarebbe stato tempo per installarlo e poi scegliere cosa meglio fare. Sono veramente deluso!

In realtà, il buon Danilo L. e così tutti gli altri utenti Sky, potrebbe memorizzare altre emittenti non comprese nell’offerta Sky, il problema è che il procedimento da seguire è talmente macchinoso da rendere necessario l’intervento di uno specialista.

L’elemento che crea non poco sospetto è che tecnicamente un ricevitore NDS potrebbe memorizzare fino a 4.000 canali satellitari e non solo i 999 dei vecchi dispositivi SECA. Ma in questo caso Sky preferisce evidentemente non lasciare la strada vecchia per la nuova e quindi la suddivisione dei canali rimane quella di sempre:

  • da 100 a 199 i canali generici
  • da 200 a 299 i canali sport
  • da 300 a 399 i canali cinema
  • da 400 a 499 i canali documentari
  • da 500 a 599 i canali news
  • da 600 a 699 i canali per ragazzi
  • da 700 a 799 i canali musicali
  • da 800 a 899 i canali free to air
  • da 900 a 999 i canali di servizio Sky

In questo modo fino al 799 vengono ospitati i canali compresi nel cosiddetto bouquet Sky, cioè i canali prodotti da Sky stessa (Sky cinema, Sky sport, Sky TG24, ecc.) e quelli con cui Sky ha sottoscritto un contratto e che quindi ricevono denaro da Sky per l’inserimento dei canali nel bouquet (parliamo di milioni di euro all’anno per ogni singolo canale), per esempio: RAI SAT (Rai Sat Ragazzi, Rai Sat Gambero Rosso, Rai Sat Premuim, Rai Sat Extra e Rai Sat Cinema world); RTI New Media del Gruppo Mediaset (IT! Italian tenn television, MT Channel, Duel TV e Happy Channel); Sitcom, gruppo editoriale indipendente specializzato nella realizzazione di TV tematiche nato nel 1997 dall’iniziativa di Valter La Tona e Giancarlo Innocenzi (Marco Polo, Nuvolari, Alice e Leonardo); e altri.

In alternativa esiste la formula contrattuale che Sky ha applicato per esempio ai canali delle squadre di calcio (Roma Channel, Inter Channel, Milan Channel) e ad altri editori di contenuti, che prevede la richiesta di una cifra mensile aggiuntiva agli abbonati Sky interessati (nel caso delle squadre di calcio 8 euro al mese) da spartire, una volta incassata, tra Sky e l’editore del canale in questione.

E’ evidente che, spendendo dei denari, molti denari, Sky decide quali canali comprendere e quali escludere dal proprio bouquet . Ma da 800 a 899 ci sono i canali “liberi”, quelli che trasmettono in chiaro e si offrono gratuitamente ai telespettatori.

Prima di entrare in questo merito propongo una piccola precisazione per non fare la figura dello sprovveduto presso i lettori più attenti e preparati: anche se non l’ho ancora sottolineata non mi sfugge la evidente stima e amicizia che lega Murdoch a Silvio Berlusconi.

Al di là di qualsiasi considerazione o polemica sul conflitto d’interessi è evidente che è impossibile non prendere atto della realtà quando questa è così sfacciatamente manifesta. Una certa connessione tra Berlusconi con la RAI, in qualità di Presidente del Consiglio e con il Gruppo Mediaset, in qualità di padre del vice presidente, mi pare innegabile.

Ma anche su Sitcom, se si vuole essere maliziosi, si può intravedere qualcosina, tant’è che uno dei due fondatori della società, Giancarlo Innocenzi, oltre ad essere stato direttore dei servizi giornalistici di Canale 5, Italia 1 e Rete 4, è il coordinatore regionale di Forza Italia per il Trentino Alto Adige e attualmente è sottosegretario al Ministero delle Comunicazioni di Gasparri.

Vi avevo preannunciato che il mercato della TV digitale satellitare soffriva, più che per la pigrizia intellettuale dei manager che non lo pianificano, per una gestione un po’ troppo politica del mezzo. Comunque, quello che è interessante sottolineare è che nel bouquet di Sky, se togliamo i canali prodotti da Sky, quelli di Fox (anche questi di proprietà di Murdoch), quelli della Rai, del Gruppo Mediaset e di Sitcom, rimane veramente poco: sostanzialmente i canali di Discovery (eccellenti), Eurosport News, i due canali di MTV (posseduti da Telecom), qualche canale musicale e poco altro ancora.

Attenzione. Con questo non voglio dire che l’offerta di Sky sia scarsa, penso esattamente il contrario, però mi pare di poter rilevare che non ci sia spazio per editori indipendenti, con idee nuove e canali tematici di interesse comune. Per loro non mancano le idee, mancano gli spazi per proporle, il che non è una buona cosa.

Ma, ripeto, da 800 a 899 ci sono i canali “liberi”, quelli che trasmettono in chiaro e si offrono gratuitamente ai telespettatori. In realtà questa affermazione è vera solo in parte, infatti gli editori che utilizzano i canali dall’800 all’899 non hanno alcun contratto con Sky e quindi non ricevono e non pagano nessuna somma, però l’accesso è comunque regolato da Sky tramite un più o meno tacito accordo.

Quindi, ancora una volta, è Sky che decide quali canali possono accedere e quali no. I criteri di scelta sono sconosciuti: troviamo per esempio 24 Ore TV (il canale satellite de Il Sole 24 Ore) all’802, Mediolanum Channel (canale per la formazione e l’informazione dei clienti e della rete di vendita Mediolanum) all’803, Sailing Channel (canale tematico sulla nautica e il mare) all’809, E-TV (nuovissimo canale del Politecnico di Milano dedicato alla tecnologia) e così via.

I grandi esclusi sono molti e con il cambio dei decoder e l’applicazione unica e indiscriminata della tecnologia NDS, saranno difficilmente visibili per il grande pubblico rimanendo un privilegio per i pochi appassionati del satellite, che hanno la capacità tecnica di impostare la corretta procedura di memorizzazione.

Quindi Danilo L. dovrà trovare il modo di attrezzarsi, altrimenti non potrà rivedere i programmi sportivi di Rai Sat Sport, ma nemmeno quelli trasmessi da Rai News e Rai Educational (tutti canali Rai non inseriti nel bouquet di Sky), come non potrà vedere, in sostanza, la stragrande maggioranza dei canali televisivi e ascoltare la stragrandissima maggioranza dei canali radiofonici che trasmettono tramite la piattaforma Eutelsat (società che gestisce una flotta di 24 satelliti a copertura praticamente di tutto il mondo e che “affitta” banda satellitare ai vari operatori ed editori che intendono trasmettere via satellite. Il 95% della complessiva offerta satellitare in Italia utilizza i satelliti Eutelsat).

Dal mio punto di vista le mancanze gravi che saranno causate dall’atteggiamento monopolista di Sky riguardano tutti i canali nazionali esteri (France Television, Deutsche Welle, Al Jazeera, ecc.) che potevano essere una fonte utile alla completezza dell’informazione.

Proprio sulla completezza dell’informazione relativamente alle tecnologie e ai mezzi di informazione è curioso rilevare l’atteggiamento, sacrosanto, della giurisprudenza italiana.

Quello che adesso sottopongo alla vostra attenzione è l’atteggiamento del legislatore e della giurisprudenza rispetto all’installazione di antenne condominiali: per l’installazione o la sostituzione di una normale antenna per la ricezione analogica del segnale (la normale TV a cui siamo abituati) occorre una delibera dell’assemblea di condominio che, secondo il Codice Civile è valida se supportata dalla maggioranza dei condomini e da almeno i due terzi del valore millesimale dell’edificio. Questo perché l’installazione dell’antenna ha carattere voluttuario in quanto il vantaggio consiste, secondo la giurisprudenza, “… non tanto nel consentire l’uso della televisione, quanto nel rendere possibile una migliore e più completa ricezione dei programmi.” (Corte d’Appello di Genova – 3 aprile 1984).

Per le antenne satellitari condominiali invece, l’articolo 2 bis della legge 66/2001 stabilisce che “… al fine di favorire lo sviluppo di radio diffusione da satellite, … basta la maggioranza assembleare di un terzo del valore millesimale dell’edificio per le opere dei nuovi impianti centralizzati considerati innovazione necessaria.”

Da sottolineare è che il concetto di “innovazione necessaria” che il legislatore utilizza è connesso da un lato alla libertà di informazione e dall’altro all’evoluzione multietnica della società e quindi alla necessità del cittadino di ricevere notizie dal proprio Paese d’origine.

Credo non occorra aggiungere alcuna considerazione. Rupert Murdoch da la sensazione di vincere sempre, anche quelle poche volte che perde.

In questo senso mi viene in mente una storiella circolata moltissimo nel mondo del marketing milanese. Ve la racconto. Si narra di due vecchi amici del liceo che, dopo tanti anni si ritrovano casualmente per strada. Il primo è un normale impiegato, mentre il secondo scende da una fantastica autovettura e, sotto abiti firmati di grande eleganza, sfoggia un fisico in perfetta forma.

Dopo i saluti e gli abbracci, erano molto amici ai tempi del liceo, il primo, incuriosito cerca di informarsi sull’attività dell’amico che, evidentemente, doveva aver avuto ottimi successi sul lavoro. “Ho avuto fortuna – spiega – ho lavorato molto, ho investito i miei soldi, ho scommesso molto e tante volte mi è andata bene. D’altro canto lo sai nella vita si vince e si perde. L’importante è andare sempre avanti”. Notando la curiosità dell’amico sul concetto “si vince e si perde” gli propone un esempio: “Scommettiamo 100 euro che riesco a mordermi l’occhio sinistro?”.

Sicuro di vincere l’amico accetta, ma con grande sorpresa, l’altro si toglie l’occhio sinistro di vetro e lo mordicchia sorridendo. Una volta risistemato l’occhio nella sua sede naturale si rivolge all’amico: “hai visto? Si vince e si perde” e intasca i 100 euro. L’espressione del perdente è quella di uno che è stato fregato e allora l’amico gli propone un’altra scommessa: “Ci giochiamo gli ultimi 50 euro che hai nel portafoglio. Se riesco a mordicchiarmi anche l’occhio destro vinco io, in caso contrario ti rendo i 100 euro che hai perso.” L’amico fu certo che nessuno può andare tranquillamente in giro con due occhi di vetro.

Nell’altalena tra si vince e si perde questa volta era sicuro di essere lui il vincente, così accettò la scommessa. Ma perse nuovamente perché l’amico, toltosi la dentiera, la avvicinò all’occhio destro mordicchiandolo. “Si vince e si perde mio caro amico” disse sorridendo mentre si rimetteva apposto la dentiera. “Ma vedo che non sei ancora convinto” incalzò e dopo aver verificato che l’amico aveva ancora nelle tasche un ultimo euro e mezzo, propose una terza scommessa. “Hai un euro e mezzo, o perdi tutto o torni a casa con 3 euro. Ricordati, nella vita, in ogni momento si può vincere e si può perdere. Scommettiamo che riesco a pisciarti sui pantaloni senza bagnarti minimamente?”.

L’amico, ormai irretito dall’altalena del “si vince o si perde” e considerata l’esiguità della cifra, accettò anche questa terza scommessa. L’uomo abbassò la cerniera dei pantaloni, estrasse il pisello, si avvicinò alla gamba dell’amico e cominciò a pisciare bagnandolo, ovviamente, fino a dentro le scarpe. “Ma mi hai bagnato tutto!!!” esclamò l’amico stupefatto. “Te lo avevo detto – ribatté l’altro – nella vita si vince e si perde. Questa volta ho perso io.” Rimise il pisello dentro i pantaloni, porse all’amico i 3 euro della scommessa e sparì.

Adesso che abbiamo capito i problemi tecnici e politici che regolano il mondo della comunicazione satellitare in Italia, proviamo ad analizzare gli aspetti economici relativi alla mancata pianificazione pubblicitaria dei canali tematici satellitari.

La problematica è duplice, da un lato legata alla pigrizia intellettuale dei manager della comunicazione, dall’altro alla forza della pressione che i grandi editori televisivi terrestri esercitano per controllare la totalità degli investimenti.

In realtà è probabile che più si sale rispetto alla mole degli investimenti, almeno potenziali, e più i due aspetti si sovrappongono. La pigrizia, in questo caso, è sorella dell’ignoranza, non nella lettura spregiativa del termine ma nel senso che approcciare la comunicazione tematica, come è quella di molti canali satellitari, è assai più complesso rispetto alla preparazione di una campagna di spot o di televendite per la televisione generalista.

Intanto il mezzo tematico e specializzato richiede di essere conosciuto, frequentato, studiato e analizzato per poterne individuare i benefici effettivi. Operazione naturalmente che costa fatica anche perché i mezzi tematici sono molti e in più rendono poco alle agenzie e ai centri media.

Tenete conto che un passaggio pubblicitario su un buon canale satellitare tematico può costare dai 50 ai 100 euro, lo stesso spot e lo stesso tipo di passaggio, per posizionamento e efficacia (con le dovute proporzioni) su una TV generalista può costare 20.000 euro, fino a punte massime di 40.000 euro.

La differenza è straordinaria e comporta il fatto che con la TV generalista estingue molto rapidamente e, tutto sommato con poco lavoro, il budget del cliente. Ma non solo. Una pianificazione su media consolidati, celebri, con ascolti importanti e certificati è anche una garanzia per qualsiasi agenzia, centro media, consulente o direttore marketing rispetto ad eventuali insuccessi.

Personalmente appartengo ancora a quella generazione che, grazie agli insegnamenti di indimenticabili maestri, ritiene che una buona pubblicità deve portare soldi, fatturato e vendite altrimenti si deve parlare di insuccesso.

Indubbiamente, in caso di insuccesso (inteso a mio modo), avere la possibilità di raccontare al cliente gli sforzi creativi fatti per la realizzazione dello spot, il prestigio delle emittenti selezionate e i tabulati dei dati Auditel con gli ascolti minuto per minuto, avvantaggia.

Certo è un po’ come dire che non ci sono stati incrementi nelle vendite perché il tuo prodotto è scarso e mai e poi mai perché io ho sbagliato qualcosa nelle strategie di comunicazione.

E’ un po’ come essere scoperti dalla moglie a letto con un’altra: negare sempre e a oltranza, anche la più schiacciante evidenza. Dopo di che “nella vita si vince e si perde”: se la moglie abbocca va tutto bene, altrimenti scatta la separazione e il divorzio.

Non solo. Oltre a conoscere il mondo dei media specializzati e tematici è anche necessario preparare una comunicazione, una campagna adatta alle specificità del target di riferimento.

Infatti se la televisione generalista ha un pubblico generico (un varietà, un gioco a quiz o il Grande Fratello fanno ascolti numericamente importanti ma appunto generici), quella tematica ha un pubblico selezionato e con caratteristiche molto precise. Gli ascoltatori fedeli di 24oreTV o di Sailing Channel o di Gay-TV sono persone che garantiscono un livello di interesse e di attenzione per l’argomento trattato che nessuna televisione generalista potrà mai avere. Ed è normale che sia così, devono esistere entrambe perché le esigenze di comunicazione possono essere molteplici e sempre diverse.

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